Il vino naturale e la fermentazione spontanea

Il vino naturale da termine misterioso, criticato e a volte perfino punito dalla legge, come nel celebre caso del 2012 dell’enoteca Bulzoni a Roma1, è oggi diventato di uso comune, un argomento dibattuto in sedi internazionali e prestigiose come quella dell’OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino)2.

 

Le maggiori critiche iniziali da parte degli altri produttori partirono dal fatto che nessun vino si possa totalmente definire naturale perché sempre un prodotto culturale, ovvero il frutto della trasformazione da parte dell’uomo di elementi naturali3. Tuttavia, il termine fu utilizzato dai primi vignaioli che decisero di fare a meno di prodotti di sintesi in vigna e prodotti enologici in cantina e quindi di produrre vini, in un certo senso, meno artificiali.

 

Quando nasce il movimento del vino naturale?

 

Le origini del movimento risalgono probabilmente alle esperienze dei primi anni ‘80 di alcuni vignaioli del Beaujolais i quali “non riuscivano più a bere il proprio vino”. Annoiati da un gusto costruito per il mercato, cominciarono a ricercare aromi più autentici.

 

Non molti sanno che figura centrale nella nascita del movimento dei vini naturali non fu un poeta ma uno scienziato di nome Jules Chauvet (1907 – 1989), produttore di vino di quarta generazione con solide conoscenze in chimica, esperto degustatore ed insegante. Egli non si limitò a parlare di vino naturale ma insegnò ai suoi allievi come vinificarlo e lasciò molti scritti sull’argomento4. L’evoluzione del movimento portò alla nascita nel 2001 dell’associazione francese Renaissance des Appellations, poi di una sua sede italiana e successivamente di altri gruppi di vignaioli con regole differenti ma accumunati dallo stesso principio: fare vini non omologati da eccessivi interventi in vigna ed in cantina.

 

Quali solo gli elementi che definiscono un vino naturale?

 

Per i vini naturali non c’è un regolamento europeo come quello per il vino biologico e questo determina il fatto che non esista una definizione chiara ed univoca del termine.

 

Perché un vignaiolo sia riconosciuto come produttore di vino naturale quasi sempre il punto di partenza è la sua certificazione biologica. Successivamente il produttore può decidere di aderire ad associazioni di vignaioli naturali e quindi rispettare le loro norme, più o meno restrittive. Far parte di un’associazione è un modo semplice per comunicare al pubblico perché si è deciso di produrre vini diversi. Si organizzano fiere ed eventi che permettono ai produttori di trovare con più efficacia nuovi mercati.

 

Per individuare le caratteristiche fondamentali di un vino naturale abbiamo passato in rassegna disciplinari, manifesti e carte d’intenti di molte associazioni di vignaioli5,6,7, individuando i seguenti punti fondamentali:

 

  • La certificazione biologica del produttore: se a volte basta un’autocertificazione, altre è necessario rispettare dei limiti ancora più bassi del biologico nell’utilizzo di rame e zolfo

  • L’assenza di qualsiasi residuo di pesticidi nel vino finito

  • La provenienza della maggioranza delle uve da vigneti di proprietà

  • Niente vendemmia meccanica

  • Limite massimo di solforosa più basso di quello del vino biologico (a volte meno della metà), con il presupposto di utilizzarla solo se necessario

  • Fermentazione spontanea

  • Poche pratiche di cantina: alcune associazioni lasciano libertà di azione al produttore, altre vietano perfino qualsiasi tipo di filtrazione e di controllo della temperatura delle vasche. Una vera sfida per il vignaiolo! I VAN propongono da tempo un’etichetta trasparente ovvero che indichi la lista completa degli ingredienti di un vino6.

 

In Italia si pensa da tempo ad una certificazione ufficiale ma i produttori sono ancora molto divisi sugli strumenti da adottare8. A marzo dello scorso anno, ancora una volta in Francia, il Syndicat de défense du vin naturel è riuscito a ottenere la prima certificazione riconosciuta per il vino metodo naturale, definito da una carta in dodici punti: uva biologica vendemmiata a mano, fermentata spontaneamente, niente additivi, nessuna tecnica enologica correttiva brutale e senza o con una limitata quantità (30 mg/l) di solforosa. Jacques Carroget, portavoce di una cinquantina di vignaioli, ha spiegato che la necessità di stabilire una definizione chiara è diventata sempre più impellente dal momento in cui molti produttori hanno cominciato a definirsi naturali solo per questione di marketing.9

 

Le motivazioni legate alla necessità di ridurre il quantitativo di solforosa in un vino le abbiamo già spiegate qui mentre i benefici della gestione in biologico del vigneto sono chiariti in questo articolo. Non rimane quindi che approfondire la questione fermentazione spontanea.

 

Cosa vuol dire fermentazione spontanea?

 

Il vino è il prodotto della trasformazione microbiologica del mosto ad opera, principalmente, dei lieviti. Inutile quindi dire che la comunità microbica attiva durante la fermentazione è la principale responsabile di molte sue caratteristiche chimiche ed organolettiche.

 

La fermentazione spontanea è il primo metodo di vinificazione che sia mai stato utilizzato. È una tecnica a basso intervento, nella quale non si acquistano lieviti selezionati per le loro caratteristiche (principalmente Saccharomyces cerevisiae) ma si utilizzano quelli naturalmente presenti in vigneto ed in cantina (Saccharomyces e non).

 

La maggior parte dei non-Saccharomyces non resiste alle condizioni presenti nel mosto a fermentazione inoltrata (presenza di alcol e bassi livelli di ossigeno e azoto) e non è quindi in grado di produrre una quantità di alcol accettabile10. Di conseguenza, la presenza di lieviti Saccharomyces è fondamentale per la riuscita della fermentazione alcolica.

 

Quali sono pro e contro della fermentazione spontanea?

 

Al contrario della fermentazione con lieviti selezionati, le dinamiche di una fermentazione spontanea non sono facilmente prevedibili né riproducibili perché influenzate da numerose variabili: condizioni climatiche dell’annata, area geografica, varietà di uva, vendemmia e vinificazione. Il vignaiolo rischia arresti o fermentazioni stentate11. Inoltre, i valori di alcuni parametri del vino (soprattutto acidità volatile, alcol e colore) potrebbero essere in disaccordo con i disciplinari di produzione12.

 

Nonostante ciò, la grande varietà inter- ed intraspecifica della flora microbiologica indigena determina una maggiore complessità del prodotto finale13 ed i lieviti, adattati a specifiche condizioni di vinificazione, conferiscono un carattere distintivo al vino da fermentazione spontanea14. In particolare, sembra proprio che la presenza dei non-Saccharomyces introduca nel vino un più ampio spettro di aromi e sapori15. Numerosi studi hanno confrontato la composizione chimica di vini da lieviti indigeni e da fermentazione con lieviti selezionati osservando differenze sostanziali. Quelle più significative hanno riguardato i seguenti descrittori: complessità odorosa, frutti maturi, erbe aromatiche ed espressione del terroir16.

 

La fermentazione spontanea, se accompagnata correttamente, può esaltare le peculiarità del vitigno, l’incidenza del territorio e la personalità del produttore. Come tutte le altre metodologie agronomiche ed enologiche poco invasive che caratterizzano la produzione dei vini naturali può essere una scelta difficile perché intervenire meno non sempre vuol dire fare meno. Come testimoniano gli scritti scientifici del progenitore del movimento e come sottolineato recentemente da un famoso enologo italiano, il vino naturale ha bisogno di una solida base di biochimica ed enologia2.

 

 

  1. scattidigusto.it/2012/06/27/vietato-scrivere-vini-naturali-scatta-la-multa-come-a-bulzoni-a-roma/
  2. oiv.int/it/attivita-delloiv/comprendere-il-fenomeno-dei-vini-naturali
  3. Giovanni Bietti, Vini Naturali d’Italia 2.0, Edizioni Estemporanee 2013
  4. morethanorganic.com/jules-chauvet
  5. viniveri.net/soci-del-consorzio/la-regola/
  6. vignaioliartigianinaturali.com/carta-degli-intenti
  7. renaissance-italia.it
  8. winemag.it/vino-naturale-certificato-centinaio-divide-le-associazioni-di-produttori/
  9. terredevins.com/actualites/la-denomination-vin-methode-nature-est-nee
  10. Clemente-Jimenez J.M., Mingorance-Cazorla L., Martinez-Rodriguez S., Las Heras.Vazquez F. J., Rodriguez-Vico F. (2004) Molecular characterization and oenological properties of wine yeasts isolated during spontaneous fermentation of six varieties of grape must. Food Microbiology 21: 149-155
  11. Diaz C. et al. (2013) Characterization and Dynamic Behavior of Wild Yeast during Spontaneous Wine Fermentation in Steel Tanks and Amphorae. BionMed Research International, 5
  12. Guzzon R., Settanni L. (2009) Brettanomyces/Dekkera, monitoraggio microbiologico e gestione in cantina. VigneVini 36:90-97
  13. Lambrechts, M. G. and Pretorius I. S. (2000): Yeast and its importance to wine aroma, S. Afr. J. Ebol. , 21, 97-129
  14. Heard, G. (1999) Novel yeasts in winemaking – looking to the future. Food Australia, 51, 347-352
  15. Ciani and F. Maccarelli (1998) Oenological properties of non-Saccaharomyces yeasts associated with wine-making, World Journal of Microbiology and Biotechnology, vol. 14, no.2, pp. 779-789
  16. Sannino C., Francesca N., Corona O., Settanni L., Cruciata M. e Moschetti G. (2013) Effect of the natural winemaking process applied at industrial level on the microbiological and chemical characteristics of wine. Biosci. Bioeng